QUANDO ERCOLE BALDINI MI RACCONTO’ DELLA SUA SPOSA VANDA,
SIMBOLO ROMAGNOLO DEL PIACERE
DI FARE DEL BENE

Sì, MI RICORDO; IL MIO EROE; I NOSTRI ADDII

Intervista di Salvatore Giannella -
Ritratti digitali di Giacomo Giannella/Streamcolors

Era l’estate del 1972 e io, dopo che il mondo era stato sconvolto dal massacro delle Olimpiadi di Monaco di Baviera (17 morti: 11 atleti israeliani, 5 terroristi, un agente di polizia tedesco) partii per Tel Aviv da giornalista fre lance. Nella visita a un kibbutz, l’addetto all’ottimizzazione dell’acqua potabile mi accolse avendo alle spalle un grande schermo sul quale, durante la mia intervista, ogni tanto di spegneva una lucina. Una sequenza che suscitava la mia preoccupata curiosità. Mi spiegò: “Sono i cactus. Li sradichiamo perché succhiano troppa acqua. Ogni lucina che si spegne vuol dire che un cactus è stato estirpato”. Oggi che sono a grande distanza dall’Italia, sulle rive del Mare Cinese meridionale, questa immagine mi affiora nella mente a mano a mano che mi arrivano notizie dall’Italia sulla scomparsa di amici e giganti sulle cui spalle mi sono inerpicato per scorgere futuri possibili: nell’ultima settimana, si sono congedati dalla vita prima il caro amico Gianni Mercorella, che per anni è stato il discreto ed efficace braccio destro dell’imprenditore della Nutella Michele Ferrero; poi Gianni Bisiach, il Piero Angela della storia in Rai; e infine Ercole Baldini, leggendario campione di ciclismo, il mitico Ercole romagnolo che conobbi quando ero ragazzo, a Barletta, e che ritrovai anni dopo, marzo 2015, da cronista nella sua villa sulla Via Emilia per la rubrica “Il mio eroe” che curavo su Sette del Corriere della Sera: lui pedala ancora nella mia memoria dai tempi di Barletta, 1959, quando lo vidi sfidare l’altrettanto mitico Fausto Coppi..

 IL RICORDO: Barletta, primavera del 1959. Incontrai Baldini e Coppi una domenica d’aprile di quel lontano anno, nel velodromo “Lello Simeone”, l’unico operante allora in Puglia. Avevo dieci anni e mio padre Giacomo, grande tifoso dell’Inter, di Coppi e del giovane astro nascente Baldini, mi volle premiare per un buon voto a scuola portandomi dal borgo agricolo in cui vivevamo (Trinitapoli, nel Tavoliere pugliese) nella vicina Barletta, la città resa famosa dalla Disfida di Ettore Fieramosca, per assistere alla disfida di campioni del pedale organizzata dal gruppo sportivo “Lanotte”: Coppi, il “campionissimo” per antonomasia che già aveva vinto tutto quello che si poteva vincere, contro il romagnolo Baldini, il “treno di Forlì” già vincitore a 26 anni di un titolo olimpico, del record dell’ora, di un Giro d’Italia e di un campionato mondiale su strada. La fama dei due giganti del ciclismo (che all’epoca conquistava più cuori e titoli del calcio) aveva richiamato una folla straripante: già tre giorni prima della data fissata erano stati venduti tutti i biglietti e si erano verificati disordini ai botteghini. A me, ragazzino, era toccato un posto in piedi ai bordi della pista in cemento.

Ercole Baldini (Forlì, 1933 - 2022) è stato un campione di ciclismo su strada e su pista. Si aggiudicò nello strepitoso triennio 1956-1958 un titolo olimpico su strada, il record dell’ora, un Giro d’Italia e un campionato mondiale su strada. Poi si spense la luce: “I 75 chili del mio peso forma cominciarono ad aumentare sempre più vertiginosamente. Vinsi ancora qualche corsa, specie a cronometro, ma nel ’64 conclusi la stagione senza un successo: era arrivato il momento di smettere”.

Ricordo le volate di Fausto ed Ercole e (come ho confidato a Baldini anni dopo in un incontro nella sua villa a Villafranca di Forlì sulla Via Emilia, con annesso piccolo museo del ciclismo) mi sembra di aver conservato nelle narici persino l’odore del loro sudore, quando sfrecciavano davanti ai miei occhi di bambino incapaci di trattenere le immagini di quelle sagome che quasi mi sfioravano. E lì ho capito il senso della fatica e della generosità degli atleti, che si danno totalmente per generare e alimentare le emozioni di chi li guarda.

L’INTERVISTA: Forlì, primavera del 2015.  Questi i brani centrali del mio dialogo con Baldini:

Caro Baldini, venendo a casa tua lungo la Via Emilia pensavo a Forlì e alla fama (meritata) di essere una città generosa nella volata della solidarietà. E’ grazie al volontariato (316 associazioni nell’intera provincia, con 53.918 soci iscritti), se ogni anno classifiche come quella del Sole 24 Ore la premiano.

“Queste migliaia di persone impegnate nel sociale sono un patrimonio straordinario della mia terra romagnola. Per questo credo di non essere di parte se ti indico, a simbolo di questa bella umanità, una donna da poco scomparsa: Vanda Beccari, che è stata presidente della Croce rossa femminile, sezione di Forlì, e a capo di altre società impegnate in beneficenza”.

Vanda Beccari (Castelnuovo Rangone, Modena 1938- Forlì 2008). Ha sposato Baldini nel santuario comasco della Madonna del Ghisallo, la patrona dei ciclisti, nel 1959. Ha dato a Ercole due figli, Anselmo e Riziero, costruttori edili impegnati in Costarica.

Di parte perché?

“Vanda è stata la mia sposa. Veniva da una famiglia agiata dell’Emilia e aveva trasferito in Romagna le cose belle di lassù. L’amore per la musica e il teatro, per esempio: quante volte mi ha portato alla Scala di Milano o alla Fenice di Venezia o al Maggio fiorentino…Noi non eravamo ricchi (famosi sì, perché all’epoca i ciclisti erano più famosi dei calciatori) ma facevamo la vita dei ricchi. Io sono amico del presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, e quando lo incontravamo in queste serate musicali lui ci faceva i complimenti per le scelte fatte da Vanda, per come ha contribuito ad arricchire Baldini uomo. Far del bene era una sua predisposizione naturale. Periodicamente ci veniva a trovare un sacerdote impegnato in India: se ne tornava nella sua missione con quanto aveva bisogno. E quando la comunità di Sadurano, qui vicina, che dà futuro a persone disagiate, si trovò in un momento di difficoltà, grazie all’organizzazione da parte di Vanda di un concerto con Riccardo Muti e Luciano Pavarotti, riuscì a trovare i fondi per continuare”.

 

Come la conoscesti?

“Era figlia di Anselmo, presidente della società Niccolò Biondo di Carpi, per cui corsi come dilettante. Il mio futuro suocero mi comprò dalla Baracca di Lugo regalando ai lughesi una gigantesca forma di mortadella. A Carpi, per risparmiare, venivamo ospitati in casa dei consiglieri di amministrazione. A me capitò di essere accolto in casa del presidente, che aveva due figlie studentesse a Bologna. Per quasi un anno non le vidi mai. Poi un giorno Vanda è venuta a una corsa e lì la mia vittoria è stata galeotta: ci conoscemmo, ci sposammo nel 1959, da allora siamo sempre stati insieme fino al 2008. Nell’orazione civile in suo onore, il sindaco di Forlì, lo storico Roberto Balzani, sottolineò la passione e l’equilibrio, il forte carattere e l’ironico buonumore con cui Vanda ha agito nel mondo del volontariato. Capisci perché la considero una donna campione di vita”.

E capisco perché qui vicino, a Longiano, se ogni anno, per restare in campo ciclistico, la 2XBene e il suo vulcanico ideatore Roberto Landi premiano i gregari dei campioni come te. ()

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